
Arrivo a Parigi al mattino. Il marciapiede della stazione è una prefigurazione di ciò che mi aspetta. Un campionario di esseri umani dagli occhi appiccicosi per la nottata in treno ma illuminati dall'emozione dell'arrivo. I treni per Parigi partoriscono un'umanità pacifica e stupita. Chi viene da fuori dovrebbe sempre attivare gradualmente i propri sensi, per non lasciarsi sopraffare dalla città. Ho elaborato un rito per affrontarla senza farmi fagocitare. Prima di telefonare a chi mi può ospitare per qualche notte, guardo gli occhi degli altri viaggiatori, e cerco di cogliervi il colore del cielo di Parigi. Se il mio bagaglio non è troppo pesante e la luce è propizia mi avvio a piedi dalla Gare de Lyon verso Place d'Aligre, a due passi dalla stazione. Con un po' di fortuna, è il giorno del mercatino. Mi piace guardare Parigi da qui. I colori delle anticaglie made in Taiwan, le espressioni dei venditori assonnati, la luce che si trasforma in polvere mi sorprendono ogni volta. E ogni volta li osservo fino a percepire qualcosa di Parigi che mi era sfuggito fino a quel momento.
Mi concentro sul tatto e tocco tutti gli oggetti esposti sui tavolacci o per terra, scatenando il furore dei venditori. Leggo il braille di questo luogo: sento la trama dei tessuti che non si fabbricano più, faccio scivolare i polpastrelli sui soprammobili di vetro soffiato, sfioro le cianfrusaglie come se fossero gioielli preziosi. Io sono nelle mie dita, e grazie al senso del tatto percepisco la patina che ricopre quelle anticaglie a poco prezzo. Scelgo un oggetto. Un fermacarte di legno caldo e liscio. Mentre l'ho tra le mani, senza farmi notare, lo avvicino al naso. Sento la storia del legno attraverso il suo odore. Poi sfoglio i libri vecchi e ne annuso la polvere. L'odorato mi permette di avvertire per la prima volta l'aggressività della città: sento puzza di Parigi, dei bidoni della spazzatura chiusi male, degli escrementi di cane che costellano i marciapiedi. A questo punto spontaneamente le mie orecchie si lasciano invadere dal suono del francese. Comincio a contrattare i prezzi e ad ascoltare le voci. Parlo a un venditore di quel fermacart

Quando il mio rito propiziatorio è efficace, mi permette di entrare in un mondo glassato. Le persone che esplorano, percorrono, vivono Parigi, sono molto diverse tra loro. L'impossibilità di catalogare i loro bisogni ha semplificato il linguaggio usato dalla città per comunicare con loro, ma ne ha conservato la magia. Infatti non basta che le istruzioni per l'uso di Parigi siano chiare e fruibili. Per incontrare i gusti di ogni passante devono essere anche accattivanti. Queste necessità pratiche e comunicative hanno favorito l'enorme diffusione dei gadget metropolitani. I cartoncini variopinti e traslucidi che veicolano i messaggi tra Parigi e i suoi ospiti sono un modo per la città di imporsi seducendo. Il fascino pop della carte orange trasforma quest'abbonamento ai trasporti parigini in oggetto di attenzioni feticiste. Tornati a casa la si conserva, gli adolescenti la incollano sul diario, i superstiziosi la relegano in fondo a un cassetto per non cestinare la propria immagine. La carte orange infatti, ci guarda con i nostri occhi piantati in mezzo a un rettangolino dai colori sgargianti. Ha un potere simbolico e rituale: non scade mai, non è cedibile, è personalizzata con dati anagrafici e firma, segue il viaggiatore fino alla morte. Il numero della tessera ci compenetra a sua volta e diventa noi. All'inizio di ogni mese o di ogni settimana, si compra il coupon delle dimensioni di un biglietto del métro ma dai colori coordinati a quelli della carta, e il modo per prenderne possesso, per renderlo inalienabile, è scriverci sopra il numero della carte orange, il proprio numero, accettando implicitamente di essere riconosciuto come P 185954 ad ogni spostamento. Una volta entrati in questo sistema, si può inserire il coupon nella tasca prevista a questo scopo nel porta-carte orange, e godere dell'ineffabile scintillio dell'ologramma che vi è stampigliato sopra. Molti altri oggetti prodotti dalla città possiedono un magnetismo paragonabile a quello della carte orange. Le schede telefoniche, i biglietti del métro, le tessere di accesso alle biblioteche, le carte fedeltà dei negozi, i settimanali dedicati alle iniziative cittadine ci fanno sentire membri di un club esclusivo. Siamo felici di lasciarci andare alla dimensione meravigliosa e irreale creata da questi oggetti. Ci perdiamo senza timori nel mondo dei collezionisti di carte telefoniche avvertendo oscuramente di essere al sicuro, controllati da un fratello maggiore...


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