venerdì 21 maggio 2010

Traduzioni: Una domenica in cella


Sono fiera di annunciare la pubblicazione della mia traduzione del romanzo Una domenica in cella di Patrick Chamoiseau, con revisione di Giulio Concu. La casa editrice è Il Maestrale de Nuoro, alla quale sono particolarmente legata. Questo volume viene a consolidare una serie di importanti rapporti professionali e d'amicizia. Infatti con Il Maestrale ho iniziato la mia carriera di traduttrice letteraria, e questo romanzo è una sorta di ideale (e tardivo) seguito de Il vecchio schiavo e il molosso, un altro romanzo di Patrick Chamoiseau sempre tradotto da me e pubblicato da Il Maestrale.


Una domenica Patrick Chamoiseau – o meglio il suo alter ego narrativo - viene chiamato da un amico a fornire una consulenza informale a Caroline, una bambina che vive in una sorta di casa-famiglia a causa dei diversi abusi subiti nella sua breve vita. Caroline, oppressa dalla sofferenza, non vuole allontanarsi dalle vestigia di un arco di pietra. Il personaggio di Chamoiseau, che anche nel romanzo è assistente sociale, immagina che si tratti dei resti di una segreta utilizzata ai tempi della schiavitù – e inventa e racconta alla piccola una vicenda ispirata proprio a quelle vestigia.


La storia si svolge nella stessa piantagione che aveva ospitato il protagonista de Il vecchio schiavo e il molosso, e comincia nel momento in cui il padrone e il molosso se ne tornano alla piantagione con le mani e le fauci vuote dopo aver dato la caccia al vecchio schiavo. Le sventure della protagonista - il cui nome, L’Oubliée, significa La Dimenticata- cominciano proprio dalla cella che attira tanto Caroline e nella quale l’Oubliée è stata gettata.

Al di là dei dettagli riguardanti la trama, dettagli che non rivelerò certo in anteprima, tengo a sottolineare che in questo romanzo la riflessione di Chamoiseau sul concetto di libertà si è approfondita e ampliata rispetto al Vecchio schiavo e il molosso pubblicato in Francia ben dieci anni prima. Non è indispensabile aver letto Il vecchio schiavo per appassionarsi a Una domenica in cella, ma la parentela tra i due romanzi è significativa anche perché mette in luce gli aspetti sui quali l’autore ha maggiormente riflettuto nel suo secondo romanzo. Ad esempio, le vicende della schiava si intrecciano a quelle di una lunga serie di personaggi: il padrone e il molosso, certo, ma anche il vecchio schiavo, o ciò che resta di lui, altri schiavi, e addirittura Victor Schœlcher, abolizionista francese che ebbe un ruolo determinante nella fine della schiavitù alle Antille. Questa narrazione è insomma ben più complessa, dal punto di vista strutturale, del romanzo precedente.

Come in molti scritti di Chamoiseau degli ultimi anni, la narrazione è inframmezzata da frequenti interventi del narratore, volti a togliere verosimiglianza alla vicenda regalando al lettore una distanza critica rispetto alla materia. Inoltre, anche sul piano strettamente narrativo, la vicenda principale trascende i propri limiti temporali dato il suo inserimento nella storia della bambina martinicana, ben ancorata nella contemporaneità e nell’esperienza quotidiana dell’autore. L’Oubliée e la bambina hanno molte cose in comune, e infatti la storia dell’una sarà terapeutica per l’altra. Poco importa se quelle rovine siano davvero le rovine di una cella: l’essenziale è altrove, forse nel rapporto tra i problemi sociali della Martinica di oggi e la storia dell’isola. D’altra parte «solo il romanzo può tentare di capire, o di far fronte tra luci e ombre».