lunedì 9 febbraio 2015

L'Italia dell'incompetenza

Sbalordisco di fronte al pullulare, nel corso dell'ultima settimana, di articoli riguardanti la scarsissima qualità linguistica e le difficoltà nel gestire ospiti internazionali di cui danno prova il portale degli eventi Expo 2015 e le tavole rotonde organizzate nello stesso contesto con ospiti illustri (due esempi di questi articoli cliccando qui e qui). Non si era già saputo che Expo è largamente fondato sul volontariato? Per quale motivo i volontari dovrebbero fornire un servizio di qualità professionale? Per quale motivo i professionisti che si occupano di interpretariato e traduzione dovrebbero fornire gratuitamente il loro lavoro o comunque fornirlo a prezzi fuori mercato?
Se i professionisti lavorassero gratis o se i volontari fornissero prestazioni da professionisti, la situazione sarebbe ancora più tragica. Sarebbe, per la precisione, molto simile alla situazione della scuola in Italia, alla quale mi riaggancio spontaneamente dopo aver visto proprio ieri sera la puntata di Presa Diretta dedicata alla "Buona scuola". Non voglio entrare in questioni, pur essenziali, che non sono state affrontate dalla trasmissione e che probabilmente suonerebbero come tecnicismi alle orecchie di chi nella scuola non ci lavora. Solo qualche dato: le scuole che stampano libri scritti a costo zero dai docenti per farli acquistare alle famiglie a un prezzo più basso rispetto ai libri in commercio, le scuole che si dotano di computer grazie al contributo volontario dei genitori (e per esperienza so che quel contributo tanto volontario non è), le scuole che si dotano di mobili portati dalle famiglie e organizzano l'imbiancatura delle classi da parte di studenti, genitori, e a volte di qualche docente sono considerate esempi virtuosi. Tutte le scuole nelle quali ho lavorato (elementari, medie e superiori di Modena e provincia) mettono in atto almeno una di queste strategie di sopravvivenza, quindi più che virtù, queste mi sembrano necessità.
Al di là di questo, queste pratiche, se pur fanno risparmiare qualche soldo (ma non qualche ora di lavoro in nero e senza assicurazione) a qualche genitore, sono fortemente dannose e regressive. Tutte le scuole d'Italia, riuscendo in qualche modo a reggersi fisicamente in piedi e a fornire i servizi che il ministero impone di offrire, stanno inviando, grazie anche a queste pratiche, un messaggio ben preciso alla gerarchia che in merito a queste scuole decide. Il messaggio è: VA TUTTO BENE. Riusciamo benissimo a cavarcela nonostante decenni di tagli ai finanziamenti, agli spazi, al personale.
D'altra parte e specularmente, se il volontariato e l'autotassazione compensano parzialmente le mancanze di un servizio pubblico, le figure professionali sono totalmente sottovalutate e mortificate. Ad esempio, il libro che si compra in libreria è certamente più caro di quello autoprodotto da una scuola, in quanto parte del prezzo del libro che fa parte di un normale circuito commerciale è costituito da tasse, e inoltre, un libro pubblicato si avvale del lavoro di decine di professionisti: dagli autori ai revisori, ai traduttori, agli editori, agli stampatori, agli agenti, ai librai, ognuno fa la sua parte perché il contenuto e la forma di un libro siano impeccabili e adeguati. Dubito fortemente che ci siano simili controlli di qualità in un libro prodotto gratuitamente dai docenti di una scuola. Per non parlare dell'effetto anchilosante che queste pratiche possono avere alla lunga, sul settore dell'editoria scolastica, settore che spesso è trainante e permette la sopravvivenza delle case editrici che pubblicano opere letterarie non commerciali.
Ma non voglio attardarmi ulteriormente sulla scuola, torniamo a Expo. Quello che sta succedendo è quello che doveva succedere: volontariato utilizzato in modo improprio + professionismo bistrattato = servizi e prodotti inadeguati. Sarò un'idealista, ma ancora spero che quanto sta accadendo a Expo serva a far capire agli organizzatori che i soldi stanziati si sarebbero dovuti utilizzare altrove che nelle tasche dei responsabili, che l'aspetto linguistico di un'esposizione universale (e non solo di quella) è decisivo delle sorti della stessa.
Sull'incompetenza in ambito scolastico mi faccio purtroppo poche illusioni: si è ormai creato un fitto sottobosco di pratiche ai limiti della legalità che permette alle scuole pubbliche di vivacchiare. Sarà difficile debellarlo. Ma, riguardo a Expo, spero ancora che questo flop costituirà uno stimolo, se non per salvare in extremis un'esposizione che ha indiscutibili meriti sul piano ideologico, almeno per far riflettere l'opinione pubblica su come la cura, la professionalità, la qualità, la competenza dovrebbero i pilastri della società in cui viviamo.