lunedì 29 ottobre 2012

Il ministro Profumo ha rotto il patto!



Il terremoto mi ha lasciato a lungo senza parole, ma oggi ritorno per commentare un articolo apparso il 25 ottobre su La Stampa web che annunciava la definitiva scomparsa della proposta del Ministro Profumo di prolungare l'orario di servizio dei docenti. Voglio rendere noto che a noi docenti non sembra di aver scampato il maggiore pericolo. Siamo preoccupati, da intellettuali, per il contenuto e anche per la forma, per i termini con i quali il Ministro sta cercando di introdurre un'ulteriore serie di riforme nella scuola: nelle interviste parla di "patto per la scuola". Tuttavia, Profumo dovrebbe innanzitutto stare ai patti già in essere tra il corpo docente italiano e il Ministero che dirige e rappresenta prima di stipulare un patto nuovo: migliaia di persone che si sono formate a proprie spese, hanno lavorato e hanno pagato per fornire un servizio di qualità e per garantirsi al contempo un determinato stile di vita si vedono quotidianamente denigrate sul piano socio-culturale, ridotte a indegne condizioni di vita e di lavoro, non si vedono riconosciuti lo stipendio, le ferie, il TFR che pure erano compresi nei "patti", nelle promesse che il nostro Paese ha fatto a coloro che desideravano intraprendere la strada dell'insegnamento. Oltre a un implicito "patto", sottolineo che negando questi diritti il Ministero ha ignorato il contratto nazionale.Il patto che il Ministro Profumo intende imporre è stato evidentemente pensato per diminuire ulteriormente i posti di lavoro disponibili nella scuola. Posti di lavoro per coprire i quali sono stati banditi quasi simultaneamente un concorso e i TFA, i famosi tirocini abilitanti che produrranno ulteriori graduatorie. Il concorso è concorrenziale sia rispetto alle graduatorie già esistenti sia rispetto ai TFA banditi contemporaneamente. Eppure anche con i docenti abilitati attualmente in graduatoria il Ministero dell'Istruzione fece un patto: il patto di portare ad esaurimento queste graduatorie immettendo in ruolo coloro che vi sono inseriti grazie a un concorso già vinto o all'ottenimento dell'abilitazione (a pagamento).Non pago di aver rotto questo patto bandendo un nuovo concorso e facendo partire i TFA, il Ministro ha pensato bene di smentirsi a giorni alterni: sono ancora in corso gli esami di ammissione a questi TFA, e già ha avuto occasione di dichiarare che sono superati (!?!). La questione dell'aumento delle ore di servizio, che sarebbe stata una delle tante componenti del "patto di stabilità" o "patto per la scuola" è stata prima annunciata, poi smentita, poi ribadita in forma di bozza di decreto legge che ora pare verrà emendato, ma ci aspettiamo che in qualche altra forma venga riproposta. Il problema complessivo però è ben lungi dall'essere risolto, e questo balletto di dichiarazioni e smentite non è altro che fumo negli occhi. Infatti, la questione dell'aumento di orario non è mai stata, credo, presa in considerazione con una speranza di effettiva attuazione, ma ha svolto la sua funzione di diversivo distogliendo l'attenzione da ulteriori stangate finanziarie che certamente arriveranno.
Io sono una docente ben lontana dal ruolo, ma ho lavorato per anni, da giugno a settembre, in diversi ordini di scuola e insegnando diverse materie. Per far capire l'assurdità di un provvedimento che imponga le 24 ore settimanali, prenderò ad esempio l'insegnamento del francese, in quanto corrisponde maggiormente alla mia esperienza. Le 18 ore di insegnamento frontali non sono l'unico dovere del docente. Non parlo qui delle 80 ore annue obbligatorie di impegni collegiali e di impegni funzionali all'insegnamento che si svolgono al pomeriggio nelle sedi scolastiche, ma del lavoro da svolgersi presso il proprio domicilio. Un insegnante di francese insegna, con l'attuale monte ore, in 9 classi (che salirebbero a 12 con 24 ore di insegnamento). Partecipa quindi a 9 consigli di classe, che si ripetono diverse volte l'anno per ogni classe, a 9 scrutini che non sono calcolati come impegni e non rientrano nelle 80 ore annue di cui sopra, ma pure sono obbligatori, e soprattutto deve valutare obbligatoriamente all'orale e allo scritto 30 studenti x 9 classi = 270 studenti. La legge richiede un numero congruo di valutazioni scritte per ogni quadrimestre, di solito fissato dalle scuole in almeno 3 verifiche a quadrimestre. Ogni insegnante di francese deve quindi ideare, somministrare e correggere almeno 1620 verifiche in 9 mesi, senza contare le eventuali prove INVALSI che il Ministero impone ma che abbandona alla correzione gestita da ogni singola scuola, le verifiche di recupero del debito qualora fossero necessarie (con tanti alunni, sempre), le relazioni sull'attività didattica e il lavoro supplementare che richiedono gli studenti che, per diversi motivi, necessitano di un piano di studi personalizzato. A questo lavoro si aggiunge quello di preparazione delle lezioni e del materiale didattico e un'ora settimanale obbligatoria di ricevimento genitori. Non sto parlando di attività svolte da docenti particolarmente ligi e diligenti, ma di ciò che ci viene richiesto obbligatoriamente per legge. Eppure il Ministro Profumo, che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini italiani, ma in particolar modo studenti, genitori e docenti che quotidianamente si confrontano con la scuola e l'università non ha fatto cenno a queste centinaia di ore di lavoro annuale nelle sue dichiarazioni. Potrei continuare a lungo, citando la mancanza di igiene e di organizzazione dovuta alla precarietà e all'esiguità del personale a.t.a.: bidelli e segretari sono precari quanto i docenti. Voglio però illustrare un altro aspetto relativo alla scuola: io non sono abilitata, poiché quest'anno, per la prima volta da quando ho iniziato a insegnare, si delinea un canale per abilitarsi. Negli anni precedenti non ci sono stati concorsi e le SISS erano chiuse. Ho iniziato quindi un percorso di abilitazione (TFA) di cui non si sa nulla, a parte il costo: non si sa se durante la frequenza si potrà lavorare, non si sa se una volta abilitati si entrerà in una graduatoria e quale, non si può pertanto valutare l'effettiva opportunità di iscriversi. Si deve soltanto pagare (migliaia di euro) e affidarsi ad occhi chiusi all'oculata gestione cui il Ministro e i suoi predecessori ci hanno abituati.E' chiaro quindi, che l'unico patto proponibile sarebbe un patto che riconosca queste ore di lavoro che ogni insegnante fornisce a titolo gratuito, dovendosi dotare a proprie spese degli spazi e della strumentazione necessaria senza nemmeno ottenere un riconoscimento sociale adeguato, dato che emerge dall'opinione comune e dalle stesse parole del Ministro che gli insegnanti lavorano "solo la mattina". Irrisorio anche il paventato "adeguamento agli altri paesi europei", visto che in Finlandia e altrove ogni docente ha un proprio studio personale nell'edificio scolastico dove preparare le lezioni, il materiale didattico e anche libri di testo personalizzati. In Francia e Germania (e altrove!) la retribuzione è doppia o tripla di quella italiana a parità di ore e il prestigio sociale della professione e i benefit che questa comporta sono incomparabili rispetto all'Italia. Nessuno dei patti che il Ministro Profumo imporrà terranno conto di questo: il risultato finale vuole essere e sarà quello di raschiare ulteriormente il fondo di un barile oramai desolatamente vuoto.

Infatti Raffaello Masci, nel già citato articolo per La Stampa Web riporta la dichiarazione di Profumo, che si rende disponibile "ad ogni revisione della norma, ma a «saldi invariati»". Masci commenta questa dichiarazione chiedendosi perché questo principio non dovrebbe valere per la scuola. Ebbene: questo principio non dovrebbe valere per la scuola perché a scuola non è rimasto più nulla. Quando ho deciso di insegnare (soltanto 5 anni fa) vigevano determinate condizioni di lavoro, c'era un determinato numero di alunni per classe e un grado di precarietà ben diversi da quelli attuali. Ad esempio se all'inizio della mia carriera da insegnante potevo essere precaria di anno in anno o di mese in mese, ora, ogni anno passo mesi nell'attesa della validazione delle graduatorie di istituto relative all'anno in corso e vengo assunta fino ad avente diritto. Questo significa che alla conferma della validità delle graduatorie (che pure dovrebbero essere triennali e se vengono modificate lo sono con grande anticipo rispetto alla loro effettiva consultazione e attuazione) ogni docente ha diritto a un posto che solitamente non è quello che gli è stato assegnato e viene scalzato immediatamente, da un giorno all'altro, per essere catapultato altrove o nella disoccupazione, con evidenti difficoltà per docenti, studenti, famiglie e per l'attività didattica in generale. Un altro esempio: i miei alunni erano soltanto 5 anni fa circa 20 per classe, oggi sono 30. Di conseguenza, al di là di un carico di lavoro aumentato del 30%, io mi trovo ad insegnare in condizioni di sicurezza precarie, in una regione (l'Emilia) recentemente terremotata, con dirigenti che si assumono la responsabilità dell'incolumità di alunni e insegnanti perché non hanno le risorse necessarie a fornire ambienti adeguati. Di quale patto stiamo dunque parlando? Il Ministro dovrebbe almeno rispettare i diritti di studenti, genitori, e di tutti i dipendenti del suo ministero.

Potrei elencare un'altra lunga serie di patti che il mio Paese e i suoi rappresentanti, tra i quali il Ministro Profumo, hanno stipulato con me senza mantenerli (mi riferisco qui al mio caso particolare), ma ne basti uno: a suo tempo ho insegnato in una SISS, aiutando i miei studenti a ottenere l'abilitazione, ma ora mi si chiede di affrontare tutte le tappe preliminari per accedere al TFA, che ha sostituito la SISS. Sto quindi affrontando ingenti spese e soprattutto l'umiliazione di ricominciare da capo per l'ennesima volta, sottoponendomi a tutte le prove di ammissione al TFA ma oltre a questo danno, la beffa: mentre affronto queste prove viene bandito un concorso che toglierà a nuovi e vecchi abilitati la possibilità di lavorare creando un nuovo canale di immissione in ruolo. Il concorso toglierà possibilità di lavoro agli abilitati, ovvero a chi ha pagato, e profumatamente, il diritto di esercitare la professione per la quale era già stato formato da un corso di laurea. Il Ministro Profumo ha rotto il patto! non chieda ai docenti di rispettarne uno nuovo.


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